giovedì 25 febbraio 2021

BLOG TOUR : VODKA SIBERIANA, Veronica Tomassini

SECONDA TAPPA, I PERSONAGGI 

SCHEDA TECNICA:

Titolo: Vodka siberiana
Autore: Veronica Tomassini
CE: Self publishing 
Prezzo: cartaceo 15 euro
Disponibilità: Presso l'autrice
Valutazione personale: 💥💥💥,5/5






Per conoscere questo testo assolutamente unico ed originale nella sua eccentricità, partiamo dalla sinossi. 



TRAMA:

Sono lettere che raccontano l'epica e la tragica solitudine di bevitori dell'est; riparano in un parco del profondo Sud, a metà anni '90. Dopo la caduta del Muro, il mondo si muove spostando masse bibliche, sono uomini che restituiscono il caos, lo smarrimento di quel tempo. Le lettere lo raccontano, lei (alter ego) racconta a lei (anni dopo) - italiana occidentale borghese - di un grande amore, un siberiano alcolizzato che viveva di elemosina, di risse, di alcol, di espedienti, in un giardino pubblico siciliano, e nello stesso tempo trascina dentro la vita di altri come lui. Chi erano questi uomini senza nome? Disorientati dalla democrazia, depositari di distanze immani, torti storici e coercizioni, cortine blindate, identità derelitte. È in fondo la storia di un miracolo, di una perdizione.


I PERSONAGGI RACCONTATI DALL' AUTRICE:

L’io narrante illumina un vocativo, oh tu, ovvero un alter ego. Lei – che è già una 
donna adulta - scrive a lei ragazza. Le racconta gli errori, i suoi medesimi, le 
speranze, le innocenze tradite. Dunque la seconda persona singolare dovrebbe essere il personaggio principale, in realtà è l’attraversamento che illumina gli altri, i veri protagonisti. Rimangono fissi, come dentro un’orbita di drammatica resistenza, al passato di coercizione, sono uomini e donne provenienti dall’Est Europa, dopo la 
caduta del Muro; al presente, coevo ma implacabile, su cui precipitano da seclusi, 
rifiuto repellente secondo la consuetudine ingrigita di un Occidente pingue, distratto, 
annoiato.

C’è la Creaturina, donna capace di indurre alla conversione, portatrice del segreto illuminato, di una mistica quotidiana, una santa metropolitana, inchiodata a  un male degenerativo, e a un letto, un crocifisso; nondimeno la sua casa è un  santuario di misericordia, la tana del povero, un vestibolo di perdono e carità; c’è il 
professore, colto e malato di schizofrenia, l’unico a detenere tuttavia un certo piglio 
pragmatico che attenga al mondo, eppure commovente e catartico.

C’è il siberiano,  bello, sregolato, violento, ubriaco. L’uomo per il quale l’universo intero si compie e  si distrugge agli occhi di lei, la ragazzina borghese, il parametro dentro cui misurare  l’indulgenza o una criminosa ottusità. Per il siberiano, l’empio (ma non lo era,  soltanto era uno strumento di conversione, ancora un olocausto sull’altare),  succedono avvenimenti miracolosi, fino a tangere cielo e terra, nei fatti minuti, eppur 
straordinari.

E ci sono tutti gli altri, i vagabondi del parco, i bevitori, i profeti delle panchine. I 
senza terra. In questo straziato universo capovolto, a tratti grottesco e mostruoso similmente alla pozzanghera in cui Gogol restituisce la tragedia umana, sfigurata e patetica, si snoda una trama senza trama; una non evoluzione dei personaggi abbarbicati a una sfiga storica, a un castigo ineluttabile che non dimenticherà alla fine – per una strana ragione – di consegnare la vera alba, la resurrezione dell’uomo.

Lei, o l’alter ego, rovina nelle insidie di una vicenda in apparenza sentimentale, un amore. In realtà rovina nella perdizione dapprima, nel caos alticcio di un pezzo d’Europa, in un osceno carosello di perdenti, per poi realizzare che la vicenda 
apparentemente sentimentale sarebbe diventata un capitolo della Storia, della grande  storia: una ricaduta universale, sulle nostre esistenze; lo svolgimento di spostamenti  epocali, la prima biblica transumanza di uomini, alla fine del secolo scorso. 
Un cambiamento persino antropologico che conformò nelle nostre rive un connotato preciso, un disordine, un cambiamento del profilo finanche delle nostre comunità.

I personaggi rimangono fissi, dentro un’orbita dicevo, stolti e miserabili; dentro una raggiera, celestiali come cherubini. 


E MI RACCOMANDO:

Vi invito a rimanere sintonizzati per la mia successiva recensione dell'opera. 

Se volete, recuperate la prima tappa qui nel blog. 






Un grazie va all'autrice e a Matilde Bella per avermi coinvolta in questo estatico viaggio. 





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10 commenti:

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