INTERVISTA ALL'AUTORE
SCHEDA TECNICA:
Titolo: Operazione grande vecchio
Autore: Guido De Eccher
CE: Segreti in giallo edizioni/Pub me
Data di pubblicazione: 8 novembre 2020
Prezzo: ebook 2,99 euro/cartaceo 18 euro
Disponibilità: Amazon clicca qui
Valutazione personale: 💥💥💥/5
Oggi parliamo di un noir a sfondo politico che darà adito a diverse riflessioni.
Ma partiamo dalla trama.
LA TRAMA:
Sarà davvero un angelo quell'Alessandro Fontana che elargisce fasci di banconote a coloro che accettano di partecipare al "Progetto"?
Non tutti ci credono. Anzi, c'è chi dice che in realtà sia l'emissario di un plurimiliardario in vena di generosità. Già ma qual è il "Progetto"?
Si tratta di far partire una specie di catena di solidarietà e di aiuto che tenda idealmente ad abbracciare tutta l'umanità. Si cercano disperati, depressi, gente che abbia tentato il suicidio...
Peccato che il povero Anselmi, protagonista di questa storia, debba svolgere un lavoro in cui non crede. Anche lui è uno sfigato, un loser: da quando la sua donna lo ha lasciato, è ingrassato, vive solo in un buco puzzolente di fumo di sigarette... Insomma, rappresenta il target perfetto.
Una storia di politica e affari, in un mondo corrotto in cui nessuno è innocente e soprattutto può salvarsi da solo.
Non tutti ci credono. Anzi, c'è chi dice che in realtà sia l'emissario di un plurimiliardario in vena di generosità. Già ma qual è il "Progetto"?
Si tratta di far partire una specie di catena di solidarietà e di aiuto che tenda idealmente ad abbracciare tutta l'umanità. Si cercano disperati, depressi, gente che abbia tentato il suicidio...
Peccato che il povero Anselmi, protagonista di questa storia, debba svolgere un lavoro in cui non crede. Anche lui è uno sfigato, un loser: da quando la sua donna lo ha lasciato, è ingrassato, vive solo in un buco puzzolente di fumo di sigarette... Insomma, rappresenta il target perfetto.
Una storia di politica e affari, in un mondo corrotto in cui nessuno è innocente e soprattutto può salvarsi da solo.
MA VENIAMO A NOI:
Ho avuto il piacere di porre le mie domande all'autore che ha risposto in maniera molto approfondita e chiara.
Partiamo!
1. Come si è affacciato alla lettura e in che momento della sua vita?
Direi che leggo da sempre. Almeno da quando ne ho memoria. Ricordo che da ragazzo prendevo i romanzi dalla libreria di mia madre. Poi l’adolescenza mi ha spinto verso altri interessi: il motorino, le ragazze, i “festini” (parliamo degli anni ’60), ecc. Ho ripreso a leggere con la giovinezza e non ho più smesso.
2. Da dove è nata l’idea di un noir a sfondo politico?
Anche in questo caso devo andare indietro nel tempo. A metà degli anni ’70 ho scritto un romanzo “distopico”, dal titolo “La Supermacchina”, dove descrivevo una società autoritaria e occhiuta e, partendo dalle mie letture di allora, che concernevano la cibernetica e le nuove tecnologie, allora ancora in fieri, immaginavo che un gruppo di umani fuggisse dal nostro pianeta distrutto e trovasse rifugio in un altro mondo, dove la Supermacchina avrebbe provveduto a tutto e gli uomini si sarebbero dedicati a coltivare l’arte, la cultura, gli affetti… In quel periodo traevo spunto anche dalla lettura degli scritti di Herbert Marcuse e soprattutto dal suo celebre libro, “Eros e civiltà” e dalle idee ereditate dal ’68 riguardo alla reazione nei confronti di una società repressiva. Ero giovane e, preso da tanti problemi concreti, non ebbi la necessaria convinzione per pubblicare il mio romanzo.
3. Tra le storie raccontate nel romanzo c’è anche la sua?
Chi non ha vissuto crisi di vario genere, anche gravi, soprattutto nel corso di una vita ormai lunga come la mia?
Detto questo, devo rispondere di no alla domanda, perché non c’è nulla di veramente autobiografico nei personaggi che popolano “Operazione Grande Vecchio”.
4. Alessandro Fontana: Angelo o no? Lei da che parte sta?
C’è chi ha fede, chi non ce l’ha e chi, pur non avendola, cerca comunque una spiegazione della vita, del mondo, dell’universo, che superi i confini della nostra vita mortale. Io mi metto in questa terza categoria. Non ho la fede, eppure mi è capitato di pregare… chi o che cosa, veramente non lo so. Quanto agli angeli e alla loro esistenza, sono del tutto agnostico. Al riguardo, tanto per citare i miei scritti e la mia continua personale ricerca, mi viene da dire di “verità”, ma forse è meglio dire di una spiegazione di quello che siamo, di quello che vorremmo essere, ho scritto un romanzo dal titolo “La geografia del cielo”, in cui si parla dei problemi esistenziali del “Grande Capo”, cioè Dio, che non si riconosce più nelle descrizioni che di lui hanno fatto gli uomini. Allo scopo di rideterminarsi, di riscattarsi e di recuperare un’immagine più rispondente, invia per la seconda volta suo figlio sulla Terra. Lo seguiranno le “anime messaggere”, sorta di angeli, destinate a risvegliare i mortali dal loro sonno attraverso sogni, o incubi, e a cambiar vita.
5. Lo stile del libro e il lessico sono sicuramente ricercati e usati con consapevolezza. I suoi studi l’hanno aiutata in questo?
Sì e no. Ho frequentato il liceo classico e sono convinto che lo studio del Greco e del Latino siano fondamentali per “formare” il pensiero e, di conseguenza, la scrittura. Lo sostengo perché, a tanti decenni di distanza, sono riuscito a preparare mio nipote all’esame di Greco e Latino per il passaggio dall’indirizzo scientifico a quello classico, pur non avendo mai insegnato in un liceo classico. Significa che l’impronta è rimasta a cinquant’anni e più di distanza. Per quanto riguarda i miei studi universitari, devo confessare che sono stati alquanto sui generis, nel senso che in quegli anni a ridosso del ’68, ho potuto valicare i confini della facoltà di lettere per coltivare i miei interessi del momento, scegliendo esami di storia, di psicologia e di sociologia e scrivendo una tesi appunto di sociologia, pur essendo formalmente laureato in lettere. Detto questo, non avendo alle spalle studi prettamente umanistici, non so dire quanto il mio divagare tra ambiti e facoltà così diversi abbiano contribuito alla mia scrittura. Credo che abbiano influito soprattutto le mie letture e la pratica quotidiana dello scrivere.
6. Cosa l’ha spinta a scegliere come primo personaggio il Brizzi delle pompe funebri?
“Direi che questa è l’università della disperazione” afferma Alessandro Fontana poco dopo essere entrato nell’agenzia Brizzi & Figlio. E poi aggiunge che visiterà gli ospedali per ammalati terminali, le carceri, i centri di accoglienza per migranti. Ecco, mi sembrava che le pompe funebri fossero un luogo emblematico, dove si coagula tutta la disperazione umana.
7. Se guarda al futuro prevede che scriverà ancora?
Difficile dirlo. Per scrivere occorre trovare un’ispirazione forte, qualcosa su cui e da cui dipanare una storia. Si può trovare nelle vicende attuali del nostro Paese, come è stato per “Operazione Grande Vecchio”, nelle riflessioni di carattere personale, come è stato per “La geografia del cielo” e in un romanzo che non ho citato finora, ma che mi è molto caro e per il quale vorrei trovare un editore, “L’ultimo passo”. Un’altra fonte di ispirazione è stata quella dei thriller-noir, come “L’ombra oscura”, o “Un’idea pazza”, romanzo che non ha ancora trovato un editore, o come “Oltre l’orizzonte” che è ancora nel cassetto. C’è un altro filone che mi può riservare spunti interessanti per una nuova scrittura, quello del futuro del pianeta Terra. Su questo tema ho scritto un romanzo, in e-book, “Un pianeta per bipedi intelligenti”, che affrontava un tema attualissimo, quello della lotta tra due candidati presidenti degli USA, un corpulento amante del cibo spazzatura e dei combustibili fossili, carbone compreso, e un competitore più presentabile anche sotto il profilo estetico, che sostiene l’economia green e che si batte per salvare il pianeta. Devo aggiungere che il libro è stato scritto in tempi non sospetti, cioè setto od otto anni fa. Per tornare alla domanda, occorre trovare lo spunto giusto e spero di riuscirci, prima di “appendere la penna al chiodo”. Il tema, così attuale, delle pandemie che minacciano e minacceranno in futuro l’umanità, mi solletica molto. Immagino qualcosa che sta tra la distopia e l’utopia, perché trattare un tema del genere senza proporre una speranza per l’umanità sarebbe troppo disperante.
8. Da lettore quali sono i generi che più la coinvolgono?
Il genere fantapolitico-distopico mi ha sempre attirato molto. Ma i miei interessi spaziano anche sul versante storico e geo-politico. Ho letto molti libri di Alessandro Barbero, per esempio e di Federico Rampini. Amo molto gli scrittori minimalisti, primo tra tutti Raymond Carver, che considero grandissimo, pur avendo scritto in pratica solo racconti. Sul versante opposto, apprezzo Alice Munro e la sua minuziosa descrizione della realtà, interiore ed esterna. Ho amato moltissimo Samuel Beckett, sia per il suo teatro, che per i suoi romanzi sempre in bilico tra la realtà e la sua dissoluzione e Kafka, per la sua rappresentazione allucinata della realtà. Ho letto tutto di Carl Gustav Jung, dopo aver fatto altrettanto con Sigmund Freud e finendo per farmi affascinare più dalle teorie del primo che del secondo, tanto che molti miei romanzi ne sono stati influenzati, in special modo “La geografia del cielo” e “L’ultimo passo”. Potrei continuare…
9. Che messaggio vorrebbe rimanesse impresso a chi legge il suo romanzo?
Mi sembra chiaro: non apprezzo la classe politica che si avvicenda al governo del nostro Paese. Non si tratta di Destra, Sinistra o Centro, anche se il mio cuore ha sempre battuto a sinistra; oggi però non saprei chi votare. La mediocrità, a mio parere, regna sovrana. In Italia, negli ultimi trent’anni, si sono succeduti al governo partiti e coalizioni di segno opposto, ma nessuno, con qualche eccezione, ha veramente cercato di affrontare i problemi atavici che affliggono il nostro Paese: instabilità politica, corruzione, criminalità organizzata, evasione fiscale, debito pubblico colossale, crescita economica inferiore a tutti i Paesi dell’Ue, giustizia lenta e inefficiente, burocrazia elefantiaca e inefficiente, ecc. ecc. Non apprezzo la politica di piccolo cabotaggio, che mira all’ultimo sondaggio ed è in continua campagna elettorale. Anche in questo caso potrei continuare a lungo. Per questo ho dedicato il libro ai miei nipoti: vorrei che l’Italia in cui vivranno da adulti fosse diversa, più giusta, più inclusiva, capace di valorizzare i giovani per i loro talenti e le loro capacità, invece di spingerli a emigrare. “Operazione Grande Vecchio” vorrebbe essere una metafora dell’incapacità cronica della classe politica, che potrebbe sfociare in un “rigurgito autoritario (una volta si diceva così), e, al contrario, della disperata volontà delle persone, della “gente” (ma non nella sua accezione populistica) a darsi da fare per risolvere i problemi di ciascuno e di tutti, attraverso l’aiuto reciproco, anche “fregandosene” della mediazione politica, anche inventandosi un Angelo salvatore. Non so se ci sono riuscito.
E MI RACCOMANDO:
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