COSA NE PENSO?
Hedebygade, Copenhagen.
Una casa, una piccola casa. Alla parete, la moglie del marinaio scruta il mare. La sera un davanzale in camera che da conforto, una stella luminosa su nel cielo.
All'inizio del viaggio la nostra protagonista nonché autrice Tove ha 5 anni, infanzia....melanconica, lunga e quasi poi ricordata con amarezza...infanzia, un periodo catartico, di tante domande e poche comprensioni.
Infanzia di ricerca di un sentimento d'amore da parte della madre, di un gesto che non arriva ma che quando lo fa, non dona poi ciò che si pensava.
Tove si sente la meno bella, la meno intelligente...in fin dei conti è una bambina, il maschio l'hanno già avuto, il fratello Edvin.
Il fratello che ammira, a tratti detesta, ma che in fondo vede sempre come riferimento futuro.
Lo stesso fratello che riderà di fronte ai suoi componimenti ma che poi accennerà un "non sono male se non penso che gli hai scritti tu".
La poesia in qualche modo la conforta e la sorregge, Tove ne ha bisogno...anche se il padre aborra una figlia scrittrice, le donne non possono...le donne non studiano.
Ma Tove deve farlo, deve scriverle anche se resteranno lì chiuse in quel quaderno, anche se contengono solo "bugie" che la fanno sembrare una libertina senza esserlo.
Perché in fin dei conti Tove è un animo semplice, tormentato. Non nasconde di aver pensato alla morte come amica ed alleata, in fin dei conti come altro porre fine ad un'infanzia così lunga e mesta.
Sembra che il giorno della cresima sia poi il conoramento di tutto, il passaggio alla vita adulta..."ma se non sei né carne, né pesce".
A volte ripensa anche a lei, si a Ruth, la sua amica d'infanzia.
Ma un lungo periodo in ospedale ha creato un divario, ora Ruth sta tra i bidoni con le grandi, ha fatto il salto sociale....quello che in fin dei conti vuole anche Tove...o forse quei discorsi osceni e vili non le piaceranno?
A volte vorrebbe essere si come Gerda, Raperonzolo...lei che fiera passeggia col suo bambino anche se si sa che non avrebbe dovuto averlo.
Anche Tove pensa si...un bambino, un bambino mio...ma un giovanotto che mi aiuti e poi non debba più rivedere non lo trovo certo facilmente.
Ogni attimo passato l'autrice lo racconta, lo racconta spinta da una certa se vogliamo esigenza...esigenza di buttare fuori tutto, di esternare ogni pensiero che sia apparso nella sua testolina di bambina.
Una madre particolare, un padre taciturno e dedito al partito, un fratello....e una famiglia che alla quale alla fine...si sente legata?forse alla nonna, si a lei sicuramente ma che difficoltà piangerla quando dovrebbe.
Ma un profumo scatena il ricordo...
Un testo unico, profondo, se vogliamo forte e malinconico al tempo stesso.
Uno squarcio di vissuto, un'infanzia narrata e portata a noi così, nuda e cruda senza abbellimenti ed orpelli perché è la verità che conta, è il senso di liberazione di esternazione che serve.
Una lettura che consiglio di assaporare, nella sua brevità ma al tempo stesso lunga intensità, nella sua brevità ma estrema profondità.
E arrivederci Tove, al tuo prossimo arco di vita.
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